
La riflessione di S.E. Mons. Claudio Maniago sulle parole rivolte dal Pontefice ai vescovi italiani
Sinodalità, incontro e responsabilità nel digitale: le tre priorità indicate dal Papa e rilanciate per il cammino diocesano.
Eccellenza, come ha vissuto il discorso del Papa ai vescovi italiani?
«È stato un discorso vero, asciutto, molto orientativo. Il Papa non ha offerto ricette, ma un orizzonte. Ci ha chiesto di essere una Chiesa che respira pace e prossimità in un mondo attraversato da conflitti e fratture. È un invito che riguarda tutti noi, come diocesi e come comunità cristiane».
Uno dei punti centrali è stata la sinodalità. Qual è la sua impressione?
«Il Papa ci ha ricordato che la sinodalità non è un evento ma uno stile. Una Chiesa “aperta, ospitale, accogliente” nasce dall’ascolto reciproco: dei sacerdoti, dei laici, dei giovani, delle famiglie, dei poveri. Per una diocesi come la nostra significa continuare a camminare insieme, valorizzando la ricchezza e le fragilità del territorio. È un impegno quotidiano, non straordinario».
Il Pontefice ha insistito molto sulla “cultura dell’incontro”. Come si traduce per le nostre comunità?
«Vuol dire rimettere al centro le persone. Le nostre parrocchie devono essere luoghi dove si entra e ci si sente accolti, senza condizioni. In un tempo di solitudine crescente, la comunità cristiana deve tornare a essere una casa che non lascia indietro nessuno. È qui che la fraternità diventa un fatto concreto e non una parola».
Un altro passaggio importante riguarda il digitale. Che lettura ne dà?
«Il Papa ci chiede di abitare il digitale in modo umano, responsabile, vero. Non basta esserci: bisogna educare. La rete può essere un luogo di libertà e fraternità, oppure di smarrimento. Per me è un tema decisivo, soprattutto per i giovani. Dobbiamo accompagnarli a un uso consapevole, che costruisca relazioni e non le distrugga».
Se dovesse riassumere in una frase il messaggio che si porta da Assisi?
«Direi così: Assisi ci indica la strada per una Chiesa che ascolta e accompagna. Il Papa ci ha chiesto di uscire dall’autoreferenzialità e di stare accanto alle persone, soprattutto alle più fragili. È una parola impegnativa, ma anche piena di speranza per il nostro cammino diocesano».

