Nel segno della speranza, una nuova vita sacerdotale

Nel cuore pulsante della fede catanzarese, la Basilica “Maria SS. Immacolata” ha accolto, nella serata del 15 luglio, la solenne Ordinazione Presbiterale di don Pierpaolo Antonio Madia, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dell’Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, S.E. Mons. Claudio Maniago. Un momento di grazia profondo, vissuto alla vigilia della festa di San Vitaliano, patrono dell’Arcidiocesi, e inserito nel cammino del Giubileo della Speranza voluto da Papa Francesco.

Numerosi i fedeli accorsi, in particolare dalla comunità di Gagliano e dalla parrocchia di Sant’Anna del q.re Fortuna di Catanzaro, realtà ecclesiali che hanno accompagnato il cammino vocazionale di don Pierpaolo. Un clima di intensa preghiera ha scandito l’intera celebrazione, resa ancor più toccante dall’omelia dell’Arcivescovo, che ha offerto al novello sacerdote una profonda meditazione sul ministero presbiterale.

Mons. Maniago ha parlato con parole calde e paterne, sottolineando come il sacerdote sia segno vivente della vicinanza di Dio, colui attraverso cui Cristo, Buon Pastore, continua a operare nel mondo. Ricollegandosi alla figura di San Vitaliano, l’Arcivescovo ha esortato don Pierpaolo ad essere “sale della terra e luce del mondo”, pastore che non si rifugia nelle sicurezze, ma si fa riferimento per chi è smarrito, camminando nella notte con il cuore pieno di speranza.

Nel contesto giubilare, infatti, ha tracciato un profilo ideale del presbitero: non burocrate, né funzionario dell’istituzione, ma pellegrino della speranza, che vive la propria vocazione camminando con il popolo, portando la luce del Vangelo nel quotidiano e condividendo la fatica e la gioia della vita di ciascuno.

«Camminerai scalzo – ha detto Mons. Maniago – perché il prete rispetta una terra che, sull’esempio del Maestro, si ostina a credere e considerare santa». Il presbitero, ha aggiunto, deve accogliere la fragilità, offrire consolazione, stare accanto ai poveri e agli ultimi, consapevole di essere egli stesso «un paralitico guarito».

Richiamando le parole del Concilio Vaticano II, l’Arcivescovo ha ricordato che le speranze e le angosce del mondo devono trovare eco nel cuore del sacerdote, chiamato a rendere presente nella celebrazione Eucaristica quella speranza che nasce dalla Pasqua: Cristo che si dona, che accende i cuori e non delude mai.

A don Pierpaolo, l’Arcivescovo ha assicurato l’abbraccio di tutta la Chiesa diocesana e la fraternità del presbiterio, incoraggiandolo a vivere relazioni autentiche con i confratelli, libere da gelosie e narcisismi, capaci di generare comunione vera.

«Da questa sera – ha concluso – inizia il tuo cammino come presbitero tra gioie e stanchezze, ma sempre nella speranza e seminando speranza». E ha invitato tutti i fedeli a sostenere con la preghiera don Pierpaolo, perché possa essere testimone della speranza che nasce dalla fede, e a pregare perché le comunità diventino terreno fertile per nuove vocazioni.

Concludendo, l’affidamento alla Madonna, “Madre della speranza”, con le parole di San Giovanni Paolo II: «La stanchezza non ci appesantisca né la fatica ci rallenti… le difficoltà non spengano il coraggio, né la tristezza la gioia del cuore».

Una nuova pagina si apre per don Pierpaolo, segnata dalla luce della vocazione, dalla forza della fede e dalla bellezza del servizio.