S.E. Mons. Maniago al clero: «Il ministero non va in pensione, va custodito con stupore»

Ci sono parole che vanno oltre il momento in cui sono pronunciate e diventano bussola per un cammino. Quelle che l’Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, S.E. Mons. Claudio Maniago, ha rivolto al presbiterio diocesano al Santuario “Madonna di Porto” appartengono a questa categoria: un invito chiaro, paterno e profondo a custodire la freschezza della chiamata e a non lasciarla scivolare nella routine.

«Il ministero non è una professionalità che attende la pensione, ma un entusiasmo che nasce dal sentirsi sempre chiamati dal Signore». Con questa affermazione l’Arcivescovo ha toccato il cuore di una sfida che riguarda non solo i sacerdoti, ma la Chiesa intera: il rischio di “normalizzare” ciò che in realtà è straordinario.

La liturgia, ha ricordato Mons. Maniago, non è un rito da gestire con efficienza o un fatto estetico da curare con attenzione scenica: è il luogo in cui Cristo stesso si fa presente e trasforma la vita. Non si celebra per sé, né per il numero dei presenti, ma per il mistero che ci precede e ci avvolge. Lo “stupore” che Papa Francesco chiede non è sentimentalismo, ma la capacità di riconoscere Dio all’opera nella quotidianità del ministero.

Ecco allora il punto: la formazione permanente non è un impegno opzionale per il clero, ma l’unica via per non spegnere la fiamma dell’entusiasmo iniziale. Perché un prete che si rinnova nella grazia diventa a sua volta luce per i confratelli più giovani, antidoto contro il cinismo e la stanchezza.

In un tempo in cui tutto sembra consumarsi in fretta, l’Arcivescovo richiama alla fedeltà paziente e alla gioia duratura di chi ha messo la propria vita nelle mani di Dio. È un messaggio che vale per tutti: il Vangelo non va mai in pensione, perché l’Amore non smette mai di chiamare.