
Giovedì 11 dicembre, nella cornice raccolta e solenne della Basilica Concattedrale “Santa Maria Assunta” in Squillace (CZ), il Clero dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace si è riunito per il ritiro spirituale mensile e per lo scambio degli auguri natalizi con il proprio Pastore, S.E. Mons. Claudio Maniago. Una giornata dal ritmo lento e profondo, segnata dall’ascolto, dall’adorazione e dalla fraternità sacerdotale.
Il ritiro è stato guidato da Fr. Ippolito Fortino, che ha accompagnato i presbiteri in una meditazione intensa e teologicamente densa, centrata sul senso autentico della preghiera. Non un “fare” in più, ma un ritornare a essere. La preghiera, ha ricordato il predicatore, non è una prestazione né un dovere esterno, ma un dono di grazia che precede ogni sforzo umano: è Cristo stesso che prega in noi, inserendoci nel respiro della Trinità.
Nel tempo di Avvento, lo sguardo è stato orientato alla postura contemplativa di Maria, donna che medita e custodisce, icona di una Chiesa chiamata a vivere la solitudine abitata da Dio, la comunione fraterna e il servizio come dinamica circolare della vita cristiana e presbiterale.
Dopo la meditazione, l’Adorazione Eucaristica ha offerto uno spazio di silenzio eloquente, nel quale ciascuno ha potuto “entrare nella propria stanza interiore” e sostare davanti al Signore. Un silenzio non vuoto, ma gravido di presenza, dove la fatica cede il passo al godimento della grazia e la routine si apre alla sorpresa di Dio.
Al termine, Mons. Claudio Maniago ha rivolto ai presbiteri il suo saluto e gli auguri natalizi, intrecciando ringraziamento e prospettiva. Il Natale, ha sottolineato, sia un vero rendimento di grazie al termine di un anno intenso, vissuto come cammino all’inizio di questo nuovo anno liturgico.
L’Arcivescovo ha invitato a custodire con cura i momenti di ritiro, formazione ed esercizi spirituali, non come “cose da fare”, ma come espressione di ciò che il presbiterio è: non un semplice elenco di sacerdoti, ma un corpo vivo, guidato dal Buon Pastore. Momenti da vivere e gustare, non come un peso aggiuntivo, ma come luoghi in cui si manifesta l’identità profonda del ministero.
Nel suo intervento, Mons. Maniago ha ricordato il Giubileo diocesano e i diversi cammini giubilari vissuti durante l’anno, segni di una Chiesa che ha scelto di camminare insieme, dando forma concreta alla comunione. Parole di gratitudine anche per il Cammino Sinodale, concluso a livello diocesano e nazionale, vissuto con entusiasmi alterni ma portato a compimento come autentica esperienza ecclesiale, dono dello Spirito e frutto dell’intuizione di Papa Francesco.
Il progetto pastorale, ha ribadito l’Arcivescovo, non può che essere uno solo: costruire comunità cristiane, lasciando che sia il Signore a plasmare la sua Chiesa attraverso i suoi ministri.
Non sono mancati i ringraziamenti per i doni concreti che il Signore ha elargito alla Diocesi: gli anniversari sacerdotali di don Martino Tinello (50 anni), don Lino Tiriolo, don Vitaliano Smorfa e don Antonio Corcoglioniti (25 anni), e le ordinazioni, con un pensiero riconoscente per il novello presbitero Pierpaolo Antonio Madia e per il neo diacono Pio Giuseppe Merante.
Richiamato anche l’appuntamento di domenica 14 dicembre alle ore 16:30 a Squillace, promosso dal Centro Diocesano per le Vocazioni, segno di una Chiesa che guarda avanti con fiducia.
Nel congedarsi, Mons. Maniago ha affidato ai presbiteri un augurio che è anche un mandato: essere consapevoli di ciò che si celebra, vivere per primi le parole della liturgia con stupore autentico e prendere per mano il popolo di Dio per introdurlo nel mistero della grazia.
In un tempo segnato da paure e incertezze, i sacerdoti sono chiamati a non essere spettatori insensibili, ma portatori della luce del Vangelo. La buona notizia del Natale è questa: «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo». Una speranza concreta, capace di abitare anche le situazioni più complesse e dolorose.
La mattinata si è conclusa con un semplice rinfresco nei locali dell’ex Seminario, occasione di incontro fraterno tra i presbiteri presenti e l’Arcivescovo, sigillo conviviale di una giornata vissuta nel segno della comunione.

