Relazione conclusiva del II anno del Cammino Sinodale nell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace

Il secondo anno della fase narrativa del cammino sinodale ha visto l’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace impegnata a rendere concreta l’esperienza dei cantieri di Betania, in un percorso segnato da varie tappe vissute a livello diocesano e foraniale.

 

Si è presa maggiore consapevolezza che il cammino determina sempre evoluzione, cambiamento. È da qui che nasce l’esigenza di non fermarsi, proprio ora che la Chiesa – in modo sinodale – sta iniziando ad assaporare la bellezza di un noi, grazie alle esperienze scaturite dalla fase narrativa e che si desidera fortemente far crescere nei prossimi anni.

 

Si pone attenzione all’esperienza dell’incontro, per nulla scontata anche in considerazione di alcune conseguenze della pandemia, tra le quali l’abitudine alla solitudine, divenuta, in alcuni casi, anche una forma di comodità.

 

Ma il Vangelo ci chiede di essere “scomodi” e, anche grazie al cammino sinodale, la Chiesa ci ricorda che siamo, anzitutto, esseri in relazione. È incrociandoci con l’altro che impariamo a capire chi siamo. È l’altro che ci permette di fare esperienza di noi stessi. Così avviene uno scambio di idee, di pensieri, attraverso il dialogo e l’ascolto reciproco, rispettando e accogliendo la diversità di ciascuno come fonte di ricchezza. La Chiesa può viversi in uscita solo se ciascuno è spinto ad uscire continuamente da se stesso.

 

L’incontro ha permesso che si realizzasse questa dinamica di coraggio individuale per poi diventare comunione di carismi. È stato quel passo oltre il proprio confine: gli incontri organizzati tra le varie comunità, dando la giusta importanza alla scelta dei luoghi, non sempre legati alle mura parrocchiali; la partecipazione agli appuntamenti calendarizzati per i vari responsabili delle varie foranie della nostra diocesi, come momento di confronto e condivisione, in cui, ognuno, si è fatto portavoce del proprio contesto. Ogni incontro si è rilevato proficuo per il singolo, che ha avuto la possibilità di esprimersi, ma anche per progettare, insieme, il futuro di una Chiesa che ha bisogno di essere autenticamente abitata.

 

Quest’ultimo passaggio ci apre all’ esperienza dei cantieri, che si sono dimostrati non solo un’idea ben elaborata, ma dei veri e propri impegni, in cui ciascuno ha avvertito l’esigenza di dare il proprio contributo.

 

Il cantiere scelto ha scosso e spinto ad azioni concrete. È dal confronto che sono nati progetti o iniziative varie, legati al tema specifico e caratterizzante il cantiere stesso. Il processo dei cantieri è diventato un’opportunità per una Chiesa che ha bisogno di leggere i segni dei tempi, favorendo e migliorando anche l’arte della mediazione, soprattutto con i giovani.

 

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